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LA VITA
Nel marzo 1939 Dino Buzzati consegna il manoscritto de «Il deserto dei Tartari» a Leo Longanesi che sta preparando per Rizzoli una nuova collana «Il sofà delle Muse». Al momento il titolo È ancora «La fortezza», ma Longanesi, dopo aver dato il visto per la pubblicazione, gli chiede di cambiarlo. Buzzati propone due alternative: «Il deserto dei Tartari» e «Il messaggio dal nord». In più bisogna trasformare il «lei» nel «voi» imposto dal fascismo. Sarà l’amico Arturo Brambilla a svolgere l’incarico e a leggere le bozze del romanzo che uscirà nel giugno 1940. In quel periodo Dino Buzzati si trova infatti in Africa. È arrivato ad Addis Abeba il 30 aprile 1939 come inviato speciale del «Corriere della Sera»; il suo compito: raccontare il nuovo Eldorado italiano, il sogno africano. Scrive articoli sugli usi e costumi della popolazione locale, sui fenomeni atmosferici, sugli animali, descrivendo un Paese che ricorderà sempre come un «Western favoloso». Nel luglio dello stesso anno si trova addirittura coinvolto in una battaglia contro una banda di ribelli ricercati, azione che gli procura la segnalazione per una medaglia d’argento al valore militare. Nemmeno un mese dopo, nell’agosto 1939, Buzzati viene richiamato sotto le armi e congedato in ottobre. Nel febbraio del nuovo anno si ammala di tifo e viene ricoverato in ospedale. Una volta dimesso, ottiene dal direttore del «Corriere» Aldo Borelli un periodo di convalescenza in Italia. Nonostante sia sua intenzione (e ci provi due volte), Buzzati non riuscirà più a tornare in Etiopia. In compenso in luglio, dopo la dichiarazione di guerra, viene nuovamente richiamato alle armi e imbarcato sull’incrociatore Fiume come corrispondente per seguire le operazioni navali nel Mediterraneo. A bordo del Trieste, in novembre, partecipa alla battaglia di Capo Teulada e nel marzo dell’anno successivo rischia la vita in quella di Capo Matapan durante la quale assiste all’affondamento dell’incrociatore Pola. Nei suoi articoli, che a volte non passano la censura, non si limita a registrare le operazioni di battaglia, ma racconta la vita di bordo, disegna i ritratti dei marinai, riportandone le paure, i sogni, gli entusiasmi, i silenzi. Dopo una breve licenza durante la quale torna a Milano, si imbarca nuovamente e nel dicembre 1941 prende parte alla prima battaglia della Sirte, seguita nel marzo dell’anno successivo dalla seconda, che segue a bordo dell’incrociatore Gorizia. Tra le due battaglie, Dino Buzzati si stabilisce a Messina dove le autorità della Marina lo incaricano di preparare un libro sulle manovre navali della flotta italiana. «Un lavoro di grande responsabilità e mole», lo definisce, cui si dedica con scrupolo e passione, ma che non porterà mai a termine. In questo periodo, durante il suo soggiorno a Messina conosce Carla Marchi, di cui si innamora perdutamente e con la quale inizia una lunga e tormentata relazione. Elda, questo il suo vero nome, È una donna del popolo, fatto che lo mette in una situazione di difficoltà nei confronti della morale dell’epoca e della sua famiglia. Buzzati ne È ossessionato: «Dall’alba alla notte, e molto anche di notte, non penso che a lei, senza un attimo di tregua», scrive all’amico Arturo Brambilla. Dopo la liberazione di Roma, con l’aiuto di Indro Montanelli e Silvio Negro, riuscirà a rintracciarla e a farla trasferire a Milano, occupandosi della sua sistemazione. Sarà lei a dargli l’ispirazione per alcuni dei suoi racconti («La goccia», «Lo scarafaggio»), ma il loro rapporto si spezzerà, dolorosamente e definitivamente, nel 1950, anche se continueranno a vedersi e a frequentarsi fino alla morte di lui. Per la casa editrice Mondadori, con la quale ha firmato, lasciando la Rizzoli, alla fine del 1940, e a cui rimarrà legato per tutta la vita, esce la prima raccolta di racconti «I sette messaggeri»; nell’agosto 1942 va in scena al Teatro Nuovo di Milano «Piccola passeggiata», con Arnoldo Foà, piÈce che inaugura la sua produzione teatrale. Tuttavia rimane questo un periodo difficile per Buzzati. Non lo distrae dai suoi tormenti nemmeno il riprendere la vita di corrispondente di guerra, incarico che assolve fino all’agosto 1943. Nello stesso anno, mentre È a Napoli, viene richiamato al «Corriere», dove sono in atto numerosi cambiamenti. Dopo la caduta del fascismo, il 25 luglio, il direttore Aldo Borelli viene sostituito, prima da Flippo Sacchi, poi da Ettore Janni, infine da Ermanno Amicucci che si schiera con gli occupanti. Buzzati, obbedendo agli ordini del giornale, riprende il lavoro di redazione dove rimane anche dopo l’8 settembre, nonostante la maggior parte dei suoi colleghi e amici abbandoni il «Corriere». Una scelta che gli attirerà accuse di collaborazionismo, mettendo seriamente a rischio il suo posto al quotidiano dopo la Liberazione. In ottobre È ospite alla Cacciarella, la tenuta che i Feltrinelli - Giannalisa Gianzana, poi Feltrinelli era stata sua compagna di classe al Liceo Parini - hanno a Porto Santo Stefano, in provincia di Grosseto. Dovrebbe fermarsi qualche giorno, ma a causa della rottura della clavicola procuratagli da una caduta, vi rimarrà fino a dicembre. Con sempre minore frequenza, continua a pubblicare articoli e racconti sul «Corriere», ma sente - teme - di aver perso l’ispirazione. Invece È proprio in questo periodo che realizza «La famosa invasione degli Orsi in Sicilia», la fiaba per bambini che Emilio Radius gli chiede per il «Corriere dei piccoli», testata di cui È direttore. Buzzati aveva cominciato a inventarla anni prima per soddisfare le richieste delle sue nipoti e coglie quell’offerta per strutturarla in maniera compiuta, con testo e altri disegni. Viene pubblicata a puntate nel 1945, ma rimane incompiuta a causa della sospensione dell’uscita in edicola del Corrierino seguita alla Liberazione. Apparirà in forma completa, corretta e rielaborata, nel dicembre dello stesso anno, raccolta in un libro edito da Rizzoli. Il 25 aprile Dino Buzzati È richiamato al giornale, la cui direzione È stata assunta da Mario Borsa. Molti colleghi lo considerano un collaborazionista, e preferirebbero lasciarlo fuori dal «Nuovo Corriere». Ma le insistenze e le rassicurazioni di Gaetano Afeltra, che a Buzzati riconosce da un lato scarsa coscienza politica, ma dall’altro grande onestà intellettuale e forte senso del dovere, gli riaprono le porte di via Solferino. Anzi, sarà proprio Buzzati a scrivere l’articolo sulla Liberazione di Milano, quel «Cronaca di ore memorabili» che apparirà in prima pagina, non firmato, il 26 aprile. Il «Nuovo Corriere della Sera» va in edicola soltanto quel giorno. Quindi sospende le pubblicazioni tornando in edicola il 22 maggio come «Corriere d’Informazione» in due edizioni, una del mattino e una del pomeriggio, e dall’anno successivo con la testata «Corriere della Sera» preceduta da un piccolo «Il Nuovo» che perderà definitivamente nel maggio del 1959. Con la sospensione delle pubblicazioni, Buzzati lascia il «Corriere» e insieme con Gaetano Afeltra, Bruno Fallaci e Benso Fini fonda un nuovo quotidiano «Il Corriere Lombardo», un giornale di orientamento liberale moderato, dedicato soprattutto alla cronaca. Vi lavora per circa un anno e mezzo, fino a quando, il 1° novembre 1946, ritorna al «Corriere della Sera», sulle cui pagine, da quel momento, Buzzati racconterà da inviato i grandi avvenimenti del dopoguerra, dall’omicidio di Rina Fort (1946) alla sciagura di Superga (1949) dal disastro del Vajont (1963) all’alluvione nel Biellese (1968) passando attraverso la tragedia di Albenga (1947), la cui camera ardente con 43 bambini morti nel naufragio «resterà», scrive Buzzati, «fra le cose più grandi e spaventose di tutti questi anni e della mia personale vita». Nel 1948 Dino Buzzati scrive il racconto «Paura alla Scala» che esce in tre puntate su «L’Europeo». È lo stesso direttore del settimanale, Arrigo Benedetti, a chiederglielo. Vuole un racconto sulla paura del pericolo comunista vissuta dalla borghesia all’indomani dell’attentato a Palmiro Togliatti. Un racconto in cui baleni il senso di incubo respirato in quei giorni. Buzzati accetta e ambienta la storia al Teatro alla Scala, tempio della borghesia milanese. L’anno dopo È al seguito del Giro d’Italia. Viaggia con Ciro Veratti, cronista sportivo del «Corriere» e si occupa del «colore», come si dice giornalisticamente, trasformando il giro in un’epopea classica. Per raccontare il duello tra il «giovane» Coppi e il «vecchio» Bartali si ispira a quello tra Ettore e Achille. Sempre nel 1949 esce la raccolta di racconti «Paura alla Scala» e «Il deserto dei Tartari» viene pubblicato in Francia.